12 storie vere
Obiettivo strategico: sollecitare un cambiamento della comune percezione dell’altro, in particolare della persona migrante, di chi appartiene ad un’altra cultura, religione, da chi si presenta come diverso.
Il progetto parte dalla considerazione che la separazione e la conflittualità generati dal dualismo ITALIANO/IMMIGRATO non solo turbano la crescita armonica di una società ormai necessariamente multietntica e multireligiosa, ma ignorano e inibiscono l’enorme potenzialità di uno scambio culturale più vivace.
Se da una parte il progetto mira a sradicare un pregiudizio che, sempre più affonda nella nostra società, contemporaneamente si pone l’obiettivo di fare i conti con il concetto stesso di pregiudizio.
Modificare la visione stereotipata del migrante, altro per antonomasia, nella percezione del massimo numero possibile di persone, può avere come conseguenza ulteriore quella di sollecitare riflessioni verso il pericoloso dogmatismo mediatico che, sempre più spinge alla frammentazione e a “lotte interne” in strati sempre più vasti della popolazione.
Finalità
- riconoscere nello straniero un individuo con una sua identità, un particolare portato e una propria storia nella quale è possibile immedesimarsi;
- favorire l’identificazione nell’altro anche se “diverso” in quanto portatore delle stesse istanze e sensazioni semplicemente umane.
- aprire alla visione di una società forte in quanto multiculturale e solida grazie alle reti sociali diffuse;
- conoscere e riconoscere anche il valore economico che ha per la nostra società la presenza delle persone migranti.
L’estrema urgenza di un progetto di questo genere è data dall’attuale percezione dell’altro unita alla grande destabilizzazione alla quale stiamo andando incontro; troviamo sia estremamente urgente allontanare il pericolo della creazione nello straniero di un capro espiatorio.
DESCRIZIONE DEL PROGETTO
Si può facilmente rilevare che nella comunicazione di massa i migranti sono quasi esclusivamente legati a fatti di cronaca nera o tragedie umanitarie dove, nel migliore dei casi, la reazione cercata dai media è quella di una distante compassione.
Questa tendenza è stata analizzata in diverse ricerche scientifiche universitarie portando risultati sconcertanti: su 5684 servizi di telegiornale andati in onda nel periodo di rilevazione, sono stati solo 26 i servizi che hanno affrontato l’immigrazione senza contemporaneamente legarla ad un fatto di cronaca o al tema della sicurezza. (cfr. “I media, l’immigrazione e i giorni della paura. Il monitoraggio delle notizie come strumento per la difesa dei diritti” – International Journalism Festival 2015 http://www.festivaldelgiornalismo.com/post/16907/).
Per abbattere le barriere create dai pregiudizi gli strumenti più efficaci sono sempre quelli non mediati, quelli cioè che coinvolgono inizialmente la sfera emotiva e predispongono positivamente, stimolando contemporaneamente la curiosità.
Il potere dell’immagine fotografica in questo senso è enorme.
La fotografia di reportage quando è caratterizzata da una grande qualità estetica riesce a coinvolgere, incuriosire e aumenta la predisposizione a valutare una visione diversa: senza rischi, senza paura lo spettatore entra nello sguardo del fotografo e partecipa all’incontro.
Il progetto mira a raccogliere e rappresentare emozioni semplicemente umane, che appartengono all’esperienza di tutti noi, storie raccontate dai soggetti delle immagini, testimonianze, frasi, avvicineranno immediatamente alla realtà dell’altro e non più solamente con un senso di compassione ma con una partecipazione emotiva più profonda.
Abbiamo selezionato due esempi dell’efficacia di questo approccio:
Il primo è una mostra itinerante realizzata da Hawiyya, Centro di Documentazione sulla Civiltà Palestinese-O.N.L.U.S., che affronta con un approccio estremamente efficace uno degli argomenti più difficili di questa epoca, il conflitto israrelo-palestinese; mostrando e ricordando l’epoca della convivenza l’immagine di presentazione, immediatamente, senza spiegazioni è capace di incrinare lo stereotipo della società palestinese prima del 1948.
Immagine dell’invito della mostra allestita in una sala comunale di Trieste nel 2012.
La tecnica del «capro espiatorio» funziona come «strumento deresponsabilizzante» di un popolo intero; è diventato l’arma del potere che sceglie gruppi di «indesiderati» da escludere: «di volta in volta sono stati gli schiavi, il proletariato, i negri, gli ebrei, i “matti”, le donne, i bambini, gli “irregolari”, i “disadattati”, gli “elementi di disturbo”». Oggi sono gli immigrati e le culture che rifiutano di piegarsi all’universalismo del modello americano.
In definitiva, solo nel momento in cui riduco a corpo un’altra soggettività, posso escluderla da me: ciò significa che l’escludente si pone come soggettività pura (quindi ideologica e adialettica), proiettando sull’altro la sua oggettività. In questo senso l’esclusione di gruppi, la cui negazione consente la vita apparentemente aproblematica e contraddittoria della nostra società, si riallaccia al rito biblico del capro espiatorio, in quanto esclusione e negazione dell’oggettuale e del corporeo attraverso un corpo. Se l’escluso è corpo, l’escluso è giustificato sul piano della necessità come affermazione dei nostri valori soggettivi. Il che consente la totale assenza di colpa e di responsabilità da parte di chi esclude.
(Franco Basaglia, Scritti, vol. 1, p. 60.)
L’idea è quella di presentare un altro punto di vista, la visione cioè di una società che è forte e solida perché arricchita dalle molte diversità, una società capace di reggere l’urto di un terremoto economico perché sorretta da reti sociali solide e diffuse; ma non attraverso frasi retoriche o immagini paternalistiche, bensì attraverso immagini di reportage, attraverso storie vere, attraverso documenti obiettivi per lavorare sulla realtà e credibilità di questa visione altra, ma possibile.
Secondo il reporter polacco Ryszard Kapuscinski, più si ha a che fare con i media più ci si lamenta di sentirsi soli e smarriti. Eppure l’incontro con l’altro sarà la sfida del XXI secolo.
Riusciremo insieme a trovare ciò che parla alla nostra capacità di provare meraviglia e ammirazione, al senso del mistero che circonda la nostra vita, al nostro senso della pietà, del bello e del dolore, alla segreta comunione con il mondo intero e, infine, alla sottile ma insopprimibile certezza della solidarietà che unisce la solitudine di infiniti cuori umani, all’identità di sogni, gioie, dolori, aspirazioni, illusioni, speranze e paure che lega l’uomo all’uomo e accomuna l’intera umanità: i morti ai vivi e i vivi agli ancora non nati.
(Ryszard Kapuscinski, L’altro)
ancora Kapuscinski
Erodoto 2500 anni fa, “pur bollando come non greco (barbaros) chiunque non parlasse la sua lingua , si rendeva conto che questo era comunque qualcuno. Era consapevole che “per conoscere se stessi bisogna conoscere gli altri: gli altri sono lo specchio in cui ci vediamo riflessi… gli altri con cui confrontarsi e misurarsi…la xenofobia, sembra dire lo storico greco, è la malattia di gente spaventata, afflitta da complessi di inferiorità e dal timore di vedersi riflessi nello specchio della cultura altrui.”
(Ryszard Kapuscinski, In viaggio con Erodoto).
Il progetto vuole produrre dei contenuti e organizzare gli strumenti per la loro diffusione; contemporaneamente vuole creare una rete affinché questi contenuti vengano realmente diffusi.
Le associazioni, gli enti e tutti coloro che vorranno sostenere il progetto avranno a disposizione contenuti e mezzi pronti da veicolare attraverso i propri canali: potranno diffondere i video attraverso il web ai loro contatti; potranno organizzare la mostra o la presentazione del libro reperendo spazi pubblici o privati e pubblicizzando l’evento.
Gli strumenti di diffusione saranno una mostra itinerante, brevi video da veicolare tramite web, e un libro; questi strumenti saranno progettati per essere di reciproco sostegno.
I fase
Reperimento delle risorse economiche e costruzione della prima rete per la diffusione
Siamo convinti che questo progetto sia realizzabile e possa ottenere i risultati descritti perché si fonda non solo sulla qualità ed efficacia degli strumenti di comunicazione scelti, ma anche sulla creazione di una rete che lo sostenga e lo diffonda; molte associazioni contattate hanno già manifestato interesse e si sono informalmente dichiarate disponibili a sostenerlo (la mancanza di una dichiarazione formale è dovuta all’impossibilità di deliberare in tempi stretti).
Per le associazioni che si occupano di attività civili e sociali è un grande vantaggio avere a disposizione del materiale pronto, perfettamente organizzato, che, con il solo pagamento delle spese di trasporto e gestione, permetta loro l’organizzazione di eventi.
Si vogliono reperire i fondi necessari:
-tavola valdese
-sostegno diretto di enti ed associazioni che oltre ad utilizzare i materiali prodotti vorranno sostenere la ricerca e venir citate negli stessi.
-attraverso un finanziamento collettivo (crowdfunding) che come processo collaborativo di micro-finanziamento dal basso può mobilitare persone e risorse attraverso la rete delle associazioni ed i loro contatti.
Lo stesso carattere inclusivo e partecipativo dell’iniziativa vuole essere occasione per la creazione di una rete diffusa a sostegno di una nuova visione di società.
L’impegno a creare una rete sempre più diffusa di associazioni, gruppi ed enti disposti a diffondere il materiale sarà un impegno costante per tutta la durata del progetto, convinti che dopo un certo livello la diffusione potrà autoalimentarsi.
II e III fase
Ricerca, raccolta e produzione dei materiali fotografici, video e delle testimonianze.
Analisi,selezione e scelta del materiale
L’attività di raccolta documentale fotografica, video e l’incontro con le persone che saranno oggetto dell’indagine, verrà curata e realizzata da Paolo Beccari, fotografo professionista, da anni si occupa di ricerca nell’ambito del lavoro dell’uomo e del paesaggio – paolobeccari.it
Si tratta di un’attività complessa perché prevede l’avvicinamento e la condivisione dell’ambiente con le persone a cui si chiede di raccontarsi; i primi ambienti e storie con cui siamo venuti in contatto:
Cheikhou Foutihou Oumar Dia
Mediatore culturale volontario nella provincia di Cagliari con contatti in tutta la Sardegna; fa parte di un’associazione religiosa della Sardegna ASS (Associazione Senegal Sardegna); eletto in Senegal per il partito PSD viene in Italia – Sardegna come rappresentante politico, in seguito abbandona il partito, resta in Italia, si sposa con un’italiana buddista, ha 2 figli;
Lavori fatti in Africa:
in agenzia di viaggi, in azienda di telecomunicazioni, responsabile vendita cellulari,calciatore in tunisia;
In Italia:
venditore ambulante, call center, camionista, traslochi e montaggio mobili, raccoglitore a Capoterra, compra vendita esportazione.
Ora è rappresentante politico senegalese in Italia per il partito REWMI (significa paese) nelle elezioni dei Senegalesi all’estero; ogni anno compie un viaggio in macchina, via mare e terra per rientrare in Senegal.
Riace
Indagine e approfondimento di una storia collettiva o di una storia personale allinterno del progetto voluto dal sindaco di Riace Domenico Lucano: dal 2004 ad oggi, la cittadina di Riace è stata al centro di politiche di accoglienza degli immigrati che sono valse al sindaco Domenico Lucano il premio World Mayor 2010. Sono circa 150 gli immigrati accolti dalla popolazione locale, che supportati da politiche sociali sono stati inseriti nel mondo del lavoro, giovando all’economia del borgo.
L’importante progetto che si sta realizzando a Riace insieme alla locale Associazione Città Futura “Giuseppe Puglisi” potrebbe essere in seguito proposto come modello da imitare anche attraverso il lavoro d’indagine e raccolta di testimonianza fatto per questo progetto.
San Daniele Del Friuli e Friuli delle vendemmie
Storie di raccoglitori stranieri e italiani che spesso si trovano in situazioni di disagio; l’incontro, lo scontro dovuto soprattutto dalla necessità dell’affermazione di sè da parte di chi vuole sentirsi superiore ma anche l’incontro e l’aiuto costruttivo tra persone in stato di necessità per motivi diversi.
Sadali
Sadali è un villaggio montano di poco meno di mille abitanti al bordo di un vasto tacco calcareo – in mezzo a boschi di rara bellezza – e distante 92 km da Cagliari. In questo paese destinato allo spopolamento nasce un progetto di vita “alternativo” basato sulla sostenibilità ambientale, il contatto diretto con la terra e l’autosufficienza energetica.
Le politiche comunali offrono contributi economici alle famiglie che si trasferiranno a Sadali e, puntando a valorizzare la vocazione turistica e agricola del paese, la comunità che mette a disposizione dei neo-cittadini terre incolte da anni.
A Sadali da molti anni vive una comunità marocchina ben inserita ed ora con gli incentivi molte altre persone migranti si stanno trasferendo creando una comunità realmente multietnica.
Progetto MH a Lampedusa e Scicli
La Pastora Gabriela Lio che abbiamo contattato per presentarle il progetto, ha preso in considerazione il fatto che parte dell’indagine potrebbe svolgersi nella nuova casa d’accoglienza per minori non accompagnati e mamme con figli/e, nell’ambito del progetto MH a Lampedusa e Scicli della FCEI.
III fase
Progettare l’immagine
L’immagine del progetto se coordinata renderà immediatamente riconoscibili i diversi strumenti utilizzati come facenti parte dello stesso progetto: chi verrà in contatto con uno dei mezzi verrà a conoscenza dell’esistenza degli altri e li riconoscerà per l’aspetto grafico; in questo modo ognuno dei tre canali scelti per la diffusione sarà di sostegno agli altri.
La veste grafica e didascalica sarà curata da Maria Elisabetta Pini, grafico creativo che da molto anni si occupa attivamente di comunicazione politica.
IV fase
realizzazione di una mostra fotografica, un libro, spot trailer web
Mostra fotografica itinerante organizzata per raccontare 12 storie vere. Le immagini di reportage dovranno rappresentare la parte meno nota e più comune della vita delle persone migranti. La scelta delle immagini e l’allestimento di cui faranno parte le parole dei soggetti fotografati, dovranno allontanare la sensazione di compassione stimolando invece la comprensione, la conoscenza e l’empatia verso una vita diversa ma nella quale identificarsi.
Dovrà essere una mostra di qualità ma allo stesso tempo progettata per essere itinerante; dovrà potersi adattare a spazi anche molto diversi, essere curata nei minimi dettagli e corredata di tutto il materiale grafico necessario per la presentazione e pubblicizzazione organica; la mostra verrà offerta ad associazioni e enti pubblici che vogliano sostenere l’iniziativa al solo costo delle spese di trasporto e gestione.
La mostra, completamente adattabile, potrà essere allestita in spazi dedicati come sale espositive pubbliche essendo all’altezza di ambienti anche molto prestigiosi ma adattandosi perfettamente ad ambienti popolari – l’obiettivo deve essere sempre rispettato e cioè aprirsi e dialogare con le persone che frequentano qualsiasi ambiente ed essere diffusa e allestita il maggior numero di volte possibile, per questo troviamo indispensabile che sia adattabile e di qualità.
La mostra porterà fotografie unite a testi, frasi, citazioni dei soggetti ripresi. La mostra e il libro si stosterranno a vicenda,a loro volta sostenuti dagli strumenti diffusi sul web.
Il libro in due edizioni diverse, una economica e una di pregio, conterrà più immagini rispetto alla mostra e le storie complete dei soggetti; la completezza rispetto agli altri mezzi sarà l’attrattiva e permetterà l’avvicinamento e una comprensione più profonda delle persone e delle esperienze vissute.
Il web il progetto prevede di creare alcuni spot – trailer che rappresentino alcune delle 12 storie ma con strumenti diversi, possono essere creati attraverso una commistione tra alcune immagini della mostra, altre immagini non presenti, riprese di alcuni momenti della realizzazione del reportage, testi, registrazioni; l’obiettivo è la diffusione più ampia possibile dell’argomento, e allo stesso tempo quello di sostenere la mostra e il libro.
Verranno creati un sito web ed un logo dedicati e riconoscibili; nel sito saranno disponibili tutti i dati ed i contatti per ricevere e diffondere i materiali. In seguito potrebbe ampliarsi in un blog per raccogliere e poi scegliere e continuare a diffondere altre e nuove storie vere.
Maria Elisabetta Pini
Paolo Beccari
con Aperion Servizi Sicuetà Coperativa Sociale